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Gianluca Pagliuca
Portiere
Gianluca Pagliuca arrivò all’Inter a ventotto anni e aveva addosso la maglia più pesante del mondo, la numero uno dell’Inter. "Cercherò di non far dimenticare Zenga con le parate", disse il giorno della presentazione: e il miracolo fu riuscirci. Pagliuca si prese l’Inter da subito, e lo fece giorno dopo giorno, in allenamento come in partita. L’eredità dei tredici anni di Walter era pesantissima, e Gianluca capì che più che le parole doveva lasciare che a parlare fosse il campo, in allenamento e in partita.

Capì l’Inter subito, capì l’interismo allo stesso momento, insuperabile tra i pali e carismatico fuori, senza mai aver paura di nessun avversario. Cresciuto nel Bologna, si affermò nella Sampdoria, dove riuscì anche a vincere uno scudetto, con Mancini e Vialli, finendo davanti a tutti, anche all’Inter dei tedeschi, da lui neutralizzata in tutto e per tutto, compreso un rigore di Matthäus nello scontro diretto del maggio 1991. Si farà perdonare replicando le stesse magie in nerazzurro. Arrivò all’Inter dopo la centrifuga emotiva che fu per lui il Mondiale americano: espulso nella seconda partita contro la Norvegia, avrebbe potuto essere l’uomo della leggenda in finale, dove parò il primo rigore dei brasiliani, ma non bastò per vincere il trofeo. In nerazzurro sfiorò una Coppa Uefa, ne vinse subito un’altra, nell’anno in cui l’Inter duellò con la Juventus per lo scudetto e si arrese soltanto dopo nelle ultime giornate, dopo una serie inaudita di errori arbitrali. Di quella squadra, il portiere bolognese era uno dei leader riconosciuti, sempre pronto a far sentire la propria voce a compagni, avversari e in qualche caso anche ai malcapitati arbitri. In quegli anni il Milan era un rivale davvero fortissimo, eppure non riuscì mai a superarlo. Su dieci stracittadine di campionato disputate con Pagliucone in porta l’Inter ne vinse sei e ne pareggiò quattro, senza alcuna sconfitta. San Siro è uno stadio storicamente con un pubblico esigente ma sincero, che sa riconoscere chi da tutto per la maglia, e Pagliuca ancora oggi se passa dal Meazza viene ricoperto di applausi.

Se ne andò nel 1999, Marcello Lippi preferì puntare su Angelo Peruzzi, qualcuno dice non avendo dimenticato il travagliato post partita del 26 aprile 1998. Acqua passata, il tempo lava tutte le ferite (o quasi): certamente, Pagliuca è nella storia nerazzurra, e non solo per avere sollevato, da capitano, la terza Coppa Uefa del Club.

234 partite con la maglia dell'Inter, con il compito di sostituire la leggenda nerazzurra per eccellenza tra i pali, l'Uomo Ragno Walter Zenga. 10 derby di campionato senza mai una sconfitta, una caratteristica unica tra i pali: parate eccezionali, reattività impressionante, una personalità molto forte, il tutto condito con le leggendarie divise colorate e pittoresche, che per anni lo hanno reso ancora più unico.

Un portiere straordinario, superato nel record di rigori parati in Serie A solo da Samir Handanovic, nel segno della tradizione dei numeri 1 nerazzurri. Pagliuca ne ha neutralizzati 24 dei 91 affrontati nelle 592 partite giocate in Serie A. Sì perché Pagliuca è il quinto giocatore con più presenze nella storia della Serie A, sommate tra Sampdoria, Inter, Bologna e Ascoli.

"Sono davvero orgoglioso e fiero di entrare nella Hall of Fame dell'Inter. Storicamente l'Inter ha sempre avuto portieri fortissimi, da Sarti a Bordon, da Zenga ai miei successori. Essere scelto dai tifosi nerazzurri è per me un onore e testimonia quanto di buono fatto in quei cinque meravigliosi anni con la maglia dell'Inter. Li ringrazio e li porto nel cuore".

"Se riguardo indietro i ricordi sono tanti, ma è impossibile non ricordare la Coppa Uefa 1998, arrivata al termine di una cavalcata strepitosa, con anche partite complicate e rimonte incredibili. Fu un trionfo. Quel giorno a Parigi ero capitano, in quanto lo Zio Bergomi era infortunato: alzammo la coppa insieme, un ricordo unico".

"Nella gioia di un'avventura stupenda resta sempre il rammarico per quel campionato che non siamo riusciti a vincere, e sappiamo bene come andarono le cose. Peccato perché sarebbe stata una doppietta davvero importante. Vincono però i pensieri positivi, come quello dei derby di campionato: 4 vinti e 6 pareggiati, sempre con mie grandi parate, bellissimo".

"Raggiungo nella Hall of Fame due miei compagni davvero straordinari: Beppe Bergomi e Ronaldo. Lo Zio fu straordinario nell'accogliermi all'Inter nel 1994: lui era un grandissimo amico di Zenga e io arrivavo proprio al posto di Walter. Fu super: come giocatore, ovvio, ma anche come persona. Ronie... che devo dire! Il più forte con cui abbia mai giocato, nel 1997/1998 fece cose uniche e inimitabili".

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