Mancini ospite di "Mister Condò"



Società

19 feb 2016

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Su Sky Sport l'intervista esclusiva di Paolo Condò a Roberto Mancini. L'allenatore dei nerazzurri si racconta, dagli esordi alla panchina dell'Inter


MILANO - Paolo Condò, firma di Sky Sport e unico giornalista italiano a votare per il Pallone d'Oro, intervista Roberto Mancini nella prima puntata di "Mister Condò", ripercorrendo la sua carriera da calciatore e allenatore, passando anche per la doppia esperienza sulla panchina dell'Inter. L'intervista completa è disponibile su Sky On Demand.

Ti ricordi quando nel corso della tua prima esperienza da allenatore all'Inter ti chiamavano "Mister X"? "Penso che furono le partite più belle giocate dall'Inter. Il calcio è incredibile, non so quanti pareggi facemmo, dodici o tredici. Poteva andar bene quando c'erano in palio i due punti, con i tre è stata un po' una fregatura".

Poi arriva il momento di vincere e io ricordo un derby d'andata nel quale la squadra compie il salto di qualità. "Fu un derby importante perché il Milan era una squadra molto forte e noi l'avevamo dominata, poi loro rientrarono in partita sull'espulsione di Materazzi dopo il quarto gol, quando si alzò la maglia e l'arbitro lo cacciò".

Che cosa sente un allenatore in panchina in momenti del genere quando avverte che la squadra si sta riducendo ai minimi termini come sembrava l'Inter in quei momenti? "Eravamo rimasti in dieci e il Milan pressava, devi cercare di dar forza ai giocatori, almeno quelli più vicini alla panchina, perché quelli più lontani non sentono".

Non c'erano ancora i pizzini che mandi adesso? "Purtroppo no. E quindi devi sperare che siano talmente forti da diventare una squadra unita, perché poi bisognava solo difendere in quella partita, non c'era da fare nient'altro, eravamo andati avanti 4-1 e il Milan era una grande squadra. Batterla in quel momento fu importante, ci ha dato consapevolezza. In una squadra già forte che aveva bisogno solo di vincere avevamo preso giocatori come Zlatan, Vieira, Crespo, Maicon, giocatori che portavano fisicità, qualità, esperienza. Era una squadra molto forte che poi vinse il campionato".

Hai dei rimpianti su Adriano, a proposito di giocatori molto forti? "Adriano fa parte di quella schiera di giocatori che potevano fare tantissimo e alla fine han fatto poco, per colpa loro. È un peccato perché lui era un bravo ragazzo, oltre a essere un bravo ragazzo aveva delle qualità fisiche più che tecniche, aveva bisogno di essere sempre in condizione, fare una vita da atleta. Giocatori come lui hanno bisogno di essere professionisti al massimo, purtroppo lui in questo ha peccato un po' e quindi è stato un grande dispiacere. Però tutti noi in quegli anni facemmo qualsiasi cosa per potergli dare una mano".

In quella stagione ti mancò la Juventus come avversaria? "Sì, chiaramente perché la Juventus fa parte della storia del calcio e vincere con tutte le squadre sarebbe stato molto più bello, è chiaro".

Nella stagione successiva lo scudetto arriva a Parma, in un momento di fortissima difficoltà personale. Diciamo semplicemente che la società, come poi si vide, aveva già deciso di cambiare allenatore. Ricordo la tua gioia a Parma mentre segnava Ibrahimovic rivolta in maniera polemica verso la tribuna. "Non polemica. Eravamo molto sotto pressione. Noi eravamo molto avanti in classifica, la Roma aveva recuperato molti punti e noi erano settimane che giocavamo senza il nostro migliore giocatore che era Ibrahimovic. Giocavamo sotto pressione perché avevamo perso tutti quei punti dopo essere stati avanti e ci trovammo all'ultima giornata a giocarci una partita così importante contro il Parma, che stava retrocedendo e doveva vincere per salvarsi. Fortunatamente decidemmo di portare Zlatan in panchina e usarlo l'ultima mezz'ora".

Lì tu festeggi lo scudetto e pensi: ok anche l'anno prossimo sarò l'allenatore dell'Inter? "Sinceramente non pensavo a questo, perché poi dovevamo giocare anche la finale di Coppa Italia dopo quella partita, ma non pensavo che potesse finire".

Sia tu che Moratti avete sempre raccontato il vostro distacco come un momento molto civile, amaro naturalmente ma molto civile. Quanto ci mettersi a elaborare l'esonero? Perché di fatto fu un esonero, tu avevi ancora un contratto? "Sinceramente, la mattina che avevo appuntamento col presidente lessi il Corriere della Sera, un articolo di Fabio Monti, che qualcosa dell'Inter sapeva, un bravo giornalista. Lì iniziai a dubitare che forse qualcosa stava cambiando, però sinceramente dopo aver vinto lo scudetto ed essere andato in finale di Coppa Italia, avevamo fatto un buon lavoro. Però poi le cose finiscono, le persone si possono dividere ma la civiltà è importante".

Dopo l'esperienza inglese e in Turchia, Roberto Mancini torna in Italia, nuovamente sulla panchina dell'Inter. E iniziano le polemiche con gli arbitri. "Torni in Italia a fare l'allenatore per un anno, rientri nel clima e fai finta di niente oppure... Però l'esperienza in Inghilterra aiuta, perché lì si vive la partita in un altro modo. Non si sa mai chi è l'arbitro e non se ne occupano più di tanto, i giornali non scrivono sull'arbitro, le trasmissioni non ne parlano e quindi nessun giocatore si preoccupa di questo. Questo sicuramente aiuta e gli arbitri hanno un altro atteggiamento. Non è vero che i giocatori in Inghilterra non dicono mai niente all'arbitro".

Hai la sensazione che il calcio moderno sia ben rappresentato da una figura come quella di Thohir? "Sì, io credo che se le squadre italiane avessero presidenti come Thohir il calcio italiano potrebbe migliorare molto e tornare ai livelli di una volta. Perché oggi è difficile per un imprenditore italiano poter fare come ha fatto Moratti per anni. Non è una cosa semplice, ci sono squadre oggi che incassano 5-600 milioni tra diritti televisivi, merchandising, quindi non è una cosa così semplice per i club italiani. Però il campionato italiano per anni è stato il più bello e deve tornare ad esserlo".

Ti piacerebbe vedere un giorno un ragazzino di 13 anni sul piazzale di Appiano, con degli occhi come i tuoi quando tredicenne arrivasti a Bologna? "Ce ne sono tanti. Nell'Inter ce ne sono tanti che possono diventare bravi così, poi è chiaro che non è una cosa semplice, però a me piacerebbe far debuttare un giocatore direttamente dagli Allievi. Questo mi piacerebbe molto. Che non passi neanche per la Primavera come è capitato a me. Credo che ci possano essere perché oggi a 16 un giocatore se ha qualità e personalità può farcela".

Tu sei tornato all'Inter anche perché un po' ti rugava che nell'immaginario degli interisti di questi anni è Mourinho il grande benefattore? "Beh ha vinto la Coppa dei Campioni quindi sicuramente ha fatto meglio di me".

Però tu sei stato quello che ha ricominciato a vincere per l'Inter. "Bisogna anche essere fortunati e beccare la squadra giusta al momento giusto".

La stagione scorsa una volta chiacchierando al telefono tu mi dicesti "ho visto un fuoriclasse che ci ha giocato contro". Era Dybala. È un tuo rimpianto? Lo volevi prendere, ci hai provato? "Ci siamo stati dietro, però poi le trattative vanno così. Non si riesce a prendere tutti, però Dybala diventerà un campione".

Io ho molta simpatia ovviamente per un giocatore della tua rosa il cui cognome inizia più o meno come il mio: Kondogbia. "Sì, lui diventerà un campione"

La Nazionale è un pensiero? "La Nazionale per un allenatore dopo tanti club può essere la cosa più bella. Vediamo quello che accadrà, siamo ancora giovani"


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