Laurent Blanc, difendere con classe



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28 apr 2017

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Nella settimana di Inter-Napoli il racconto della carriera del francese, che ha giocato in entrambe le squadre


MILANO - "Io difensore? Non ci penso nemmeno". Ci sono consigli che, seppur offerti da persone vicine, quelle che vorrebbero soltanto il meglio per noi, facciamo fatica ad accettare. Quando Laurent Blanc, centrocampista del Montpellier, si sentì suggerire nel 1990 dall'allenatore Michel Mézy di arretrare il proprio raggio d'azione, la risposta fu categorica. Lui, attaccante di formazione divenuto poi centrocampista, senza mai rinunciare però ai gol che arrivavano a grappoli, di allontanarsi ulteriormente dalla porta proprio non ne voleva sapere. Così, alla vigilia di un match, Mézy passa delle ore in camera di Blanc a persuaderlo della bontà della sua idea. Di fronte a ripetuti rifiuti, arriva infine all'aut-aut che avrebbe voluto evitare: "O stai dietro, o non giochi".

A quasi 25 anni, Laurent non è sicuro di rimettersi in gioco fino a questo punto. Alla fine, però, accetta di farlo, probabilmente anche per amore del club che ha puntato su di lui. Blanc arriva infatti a Montpellier quindicenne, dopo essere stato scartato dal Monaco che lo riteneva troppo gracile. In Occitania cresce di dieci centimetri, assapora il debutto in prima squadra e la promozione dalla seconda divisione alla Ligue 1, diventando un centrocampista carismatico, elegante e prolifico, dal passo non eccezionale ma con grandi abilità nella lettura del gioco.

Qualità che spingono Mézy a vederlo nel cuore della difesa, un ruolo che Blanc sentirà molto stretto all'inizio, ma che farà la sua fortuna. A Laurent bastano pochi mesi per capire che la nuova posizione non limita così tanto il suo feeling con la porta: nella stagione 1990-91, la prima giocata interamente da difensore, segna 14 gol in Ligue 1, trascinando il Montpellier al settimo posto. Sarà il regalo di addio, perché in estate la corte è spietata e Blanc sceglie il Napoli, reduce da una stagione difficile dopo lo scudetto targato Maradona. 

All'ombra del Vesuvio il difensore gioca una buona stagione, contribuendo al quarto posto degli azzurri guidati da Claudio Ranieri, ma si scontra con una realtà, quella italiana, che riserva ai difensori decisamente più oneri che onori rispetto a quanto Blanc si aspetti. La società campana decide di privarsi del francese in estate, mandandolo prima in prestito al Nîmes Olympique, poi cedendolo al Saint-Étienne. A queste due esperienze poco felici si sommeranno gli alti di Auxerre e i bassi di Barcellona, complici gli infortuni.

La vetrina di Marsiglia e, soprattutto, quella della Nazionale francese, con cui Blanc si laurea campione del mondo nel 1998, giocando un torneo fantastico, restituiscono al calcio europeo quel libero dalla tecnica sopraffina che tutti conoscevano. Nel '99 Laurent rientra in Italia dalla porta principale, quella del "Meazza" e dell'Inter, che cerca un leader per la propria retroguardia. Compito che, pur in due stagioni sportivamente difficili, Blanc onorerà alla sua maniera, risultando sempre uno dei giocatori più presenti e affidabili. Uno serio, uno di quelli puliti in campo e fuori, uno da Inter. Alle buone prestazioni aggiunse sei reti. Una di queste arriverà proprio contro il Napoli, ed è probabilmente il manifesto di come il francese intendesse il suo ruolo. Uscita palla al piede dalla difesa, uno-due con Clarence Seedorf, tocco d'esterno ad aggirare Coppola, palla raccolta dall'altro lato e depositata a porta vuota. Semplicemente libero, di difendere come di attaccare. Qualche anno più tardi, già da allenatore di successo (quattro Ligue 1 vinte tra Bordeaux e PSG), ribadirà l'importanza della tecnica e delle capacità offensive anche per un difensore centrale. Consigli di uno che ne sa, che potrebbero cambiare la carriera dei suoi giocatori. Proprio come quello del suo tecnico Mézy, su cui dovette riflettere addirittura una notte intera.

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Alessandro Bai - MondoFutbol.com


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