Wesley Sneijder: carisma, talento e fantasia "Oranje"



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9 giu 2017

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Ripercorriamo la carriera ricca di successi di uno degli eroi del Triplete, nel giorno del suo 33° compleanno


MILANO - È una scuola calcistica su cui si è scritto di tutto, quella olandese, dal "Calcio Totale" di Rinus Michels e Johan Cruijff fino agli anni '80 con Marco van Basten. Quel miscuglio di talento, fantasia e disciplina ha ridisegnato il modo di pensare il pallone. Ed è allora naturale che sia ancora Utrecht, culla di talenti "Oranje" poco a sud di Amsterdam, a dare i natali il 9 giugno 1984 a un nuovo artista del Gioco, Wesley Benjamin Sneijder, l'uomo che più di tutti (130 volte, al pari di Edwin van der Sar) ha indossato la maglia arancione della Nazionale olandese.

"Per Bene intendo ogni genere di Gioia e qualunque cosa inoltre conduce ad essa e soprattutto ciò che soddisfa un desiderio, qualunque esso sia." Baruch Spinoza, filosofo (naturalmente, olandese) del Seicento, aveva capito molto dell'animo umano. Per i tifosi nerazzurri, la sua frase risulta particolarmente adatta a ricordare un attimo, forse quasi dimenticato, vissuto allo scoccare delle nove di sera in quel di San Siro. È una notte di aprile del 2010. Al "Meazza", gremito di gente, scende uno strano silenzio. Il "Canario" Pedro Rodríguez ha appena trovato la rete con un sinistro potente e preciso. È lo 0-1 per il Barcellona, la squadra che in quei momenti viene percepita come la più forte al mondo. Probabilmente lo era, fino a quella notte.

Parafrasando Spinoza, per "soddisfare il desiderio" degli interisti, quella sera, serviva un autentico miracolo sportivo. Ma l'Inter di José Mourinho è talmente determinata da non doverlo nemmeno compiere. Il 3-1 al Barça non è un'impresa, piuttosto una vittoria voluta fortemente da chi ha resistito in quegli attimi incerti. Wes, nato in una terra che da secoli combatte l'avanzata del mare, non è tipo da lasciare la barca nei momenti di difficoltà. Un destro secco, il suo, regala la prima gioia della serata ai tifosi interisti. Non è solo l'1-1. È il segnale che si può far male al Barcellona. In cattedra sale Sneijder, e il resto è storia. In quella sera di aprile l'Inter vince una partita cruciale per il Triplete, forse la sua affermazione più netta della magica annata 2009/2010. Wes è un perno fondamentale di quel gruppo, firma un assist in semifinale e uno in finale, oltre a dare il via all'azione del 2-0 di Milito sempre al "Bernabéu", lo stesso stadio che lo aveva snobbato, accettando che lui, Wesley Benjamin Sneijder da Utrecht, cresciuto nella grande scuola di calcio dell'Ajax, andasse a giocare altrove.

Wes lo ha fatto scegliendo la maglia numero "10" con una personalità che ha fatto innamorare di lui molti tifosi nerazzurri; è quella determinazione innata ad avergli permesso di giocare alla grande un derby contro il Milan, giusto poche ore dopo aver sceso le scale dell'aereo che lo aveva portato in Italia. Quel desiderio di vittoria, Sneijder, se l'è portato anche in Turchia, dove ha sposato il Galatasaray e le ambizioni della sponda europea del Bosforo. Anche lì le sue giocate hanno conquistato tutti: indimenticabile un derby vinto letteralmente da solo, un 2-1 al Fenerbahçe con due meravigliose invenzioni da fuori area negli ultimi minuti. Qualche mese prima l'olandese aveva fatto male alla Juventus in Champions League, ancora con un destro secco dei suoi, in una partita europea durata quasi un giorno. Più forte anche di una tormenta di neve, Wes.

Il suo addio all'Inter, nel gennaio 2013, difficilmente può cancellare la grandezza di chi comunque non ha dimenticato quell'annata magica vissuta da trascinatore della Beneamata. "Chi si ama con il cuore non si separa mai", scrive un'altra icona del Bosforo, Ferzan Özpetek. Fantasia, disciplina e carattere, Sneijder ha lasciato il segno ovunque come pochi altri: unico nell'interpretare un ruolo, basilare in quel modulo scelto da José Mourinho. E nelle gare della stagione più bella dell'Inter resterà sempre il ricordo del suo sguardo, affamato e determinato, un'espressione capace di soddisfare il desiderio nerazzurro più grande.

Bruno Bottaro 

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