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756
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Vittorie
Giuseppe Bergomi
Difensore
Beppe Bergomi l’Inter l’ha vissuta da bambino, e l’ha portata in alto per vent’anni, portandola sin quasi nel nuovo millennio.

Eugenio Bersellini si innamorò calcisticamente di questo ragazzo serio che sembrava già un uomo, tanto da farlo esordire, appena sedicenne, contro la Juventus in Coppa Italia. A diciassette anni segnava nel derby, a diciotto era Campione del Mondo giocando una finale superba da titolare, a trentacinque era ancora a divertirsi in campo in un Mondiale. In mezzo una carriera interista, uno scudetto da leggenda, tre Coppe Uefa alzate al cielo. Da Altobelli a Ronaldo passando per Matthaus, Bergomi è stato l’ideale filo conduttore di vent’anni nerazzurri, sempre col sorriso, la calma, l’intelligenza.

Beppe è cresciuto assieme all’Inter e alla Serie A, che da torneo autoctono diventò il Campionato più bello del Mondo, e gli avversari alla domenica si chiamavano Maradona e Van Basten, Mancini e Baggio, Voller e Laudrup. Li lasciò tutti indietro l’Inter nel 1989, con Trapattoni in panchina, e l’anima di quella difesa di ferro era figlia dal Settore Giovanile: Walter Zenga, Giuseppe Bergomi e Riccardo Ferri, con l’accortezza di Andrea Mandorlini a proteggerli e il genio di Andy Brehme a dare il via alle folate offensive.

Iniziò terzino destro, imparò la zona, chiuse da libero, pretoriano di Gigi Simoni, che somigliava un po’ a Bersellini, Trapattoni, Bearzot e Cesare Maldini, gli allenatori che più hanno capito quanto fosse importante avere un punto di riferimento come lui in campo e in spogliatoio. Corretto ma ruvido (dodici espulsioni in carriera), in campo metteva carisma e cervello, cuore e piedi educati.

Portava, giovanissimo, degli anacronistici baffi. “Ma sembri mio zio”, gli disse un giorno in spogliatoio Gianpiero Marini. Il soprannome da allora gli è rimasto appiccicato.

Il suo record di presenze in nerazzurro, 756, sembrava imbattibile, e solo un altro monumento come Javier Zanetti, suo erede naturale, è riuscito a superarlo. Capitano dell’Inter, fu anche il capitano della Nazionale, che nelle Notti Magiche del 1990 non riuscì a vincere il Mondiale casalingo, il più grande cruccio sportivo di una generazione di fenomeni, Bergomi compreso.

Oggi è uno dei più apprezzati in Italia a raccontare il calcio, e mette al microfono quello che metteva in campo: correttezza, rigore morale, capacità di analisi e passione.

Giuseppe Bergomi è il più giovane debuttante della storia dell'Inter. Il suo posto nella storia nerazzurra ha iniziato a ritagliarselo fin dalla prima volta in cui ha messo un piede in campo con la maglia nerazzurra. Maglia che non si è più tolto, mai. Aveva 16 anni e 39 giorni quando Bersellini lo fece debuttare in Juventus-Inter di Coppa Italia. Era il 30 gennaio 1980. Bergomi, nato a Settala, periferia di Milano, aveva già piglio deciso.

Le gambe non gli sono mai tremate, nemmeno quando, 18enne, ha vinto da protagonista il Mundial '82. Lo chiamavano "Zio", e zio è rimasto per tutti noi interisti. Serio, affidabile, forte. Difensore, simbolo, capitano. 20 anni di Inter lo hanno condotto dall'adolescenza all'alzare coppe con la fascia da capitano. Lo Scudetto dei record, perla unica degli anni '80, le Coppe Uefa degli anni Novanta.
 

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