Icardi: "La fascia è un grande onore per me"



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1 gen 2017

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La sua carriera, dai primi passi in Argentina all'arrivo nel calcio europeo. Il capitano nerazzurro si racconta ai microfoni di Mediaset Premium


MILANO - Lunga intervista di Mauro Icardi, che si è raccontato ai microfoni della trasmissione "Nove - Storie di bomber", in onda su Premium Sport: "Ho iniziato a giocare a calcio a Rosario, una squadra piccola, che non si conosce. Era la squadra del mio paese, dove ho fatto tanti gol. All'inizio non volevo giocare, la prima partita mi sono fermato in mezzo al campo, è entrato mio padre e mi ha detto 'Devi correre, devi correre, devi fare gol'. 'No, io non voglio giocare' fu la mia risposta. Mi ha convinto dicendo che mi comprava una Coca e un panino. Da lì ho iniziato a giocare, da lì è partita la mia passione per il calcio".

Dal calcio argentino a quello europeo: "Ho lasciato la mia terra nel 2002 insieme alla mia famiglia, che è partita per motivi di lavoro. Era un periodo molto brutto per il mio paese, colpito da una grave crisi che ha spinto mio padre a cercare fortuna in Europa per dare a me e ai miei fratelli un futuro migliore. Ho iniziato a giocare nella squadra del paese e un giorno gli osservatori del Barcellona e del Real Madrid sono venuti a vedere un torneo. Eravamo una squadra che non conosceva nessuno, c'erano club molto più importanti. Abbiamo vinto grazie ai mei gol, da lì è iniziato il mio viaggio verso il Barcellona".

Quando gli viene chiesto se sia vera l'indiscrezione della chiamata di Messi per convincerlo, il capitano nerazzurro risponde così: "Hanno contattato mio padre e mia madre per portarmi al Barcellona, c'erano altre squadre interessate a me. Il Real e l'Atletico Madrid, il Siviglia... Così il Barcellona ha deciso di mandare una persona a trovarmi alle Canarie. Mi ha portato un gagliardetto, una foto e un pallone del Barça. Tutto firmato da Messi, con tanto di dedica per me e per la mia famiglia. Poi un giorno, quando la prima squadra del Barcellona si è allenata allo stadio, sono andato dove c'è il parcheggio e l'ho aspettato. Faceva tanto freddo, ma era un sogno conoscere Messi. Gli ho bussato al vetro della macchina 'Io sono Mauro Icardi, il ragazzo a cui hai mandato il gagliardetto'. E da lì ho auto un piccolo avvicinamento con lui, mi ha invitato a mangiare, poi a fare colazione con la prima squadra. Per me quello è stato un giorno speciale". 

Poi la chiamata dall'Italia, con Maurito che decide di lasciare il club blaugrana per confrontarsi con il calcio italiano: "Ho vissuto da vicino l'esperienza di Ibrahimovic. Ho pensato che le mie qualità fossero simili alle sue, un centravanti, non uno che si muove per tutto il campo come fanno tutti i giocatori del Barcellona. Allora con il mio procuratore, quando è arrivata l'offerta della Sampdoria, abbiamo deciso che il calcio italiano sarebbe stato più adatto alle mie caratteristiche". L'esordio con la maglia blucerchiata è da sogno: "Eravamo a Castellammare contro la Juve Stabia, partita difficilissima. Al primo minuto ci fanno gol, un mio compagno viene espulso, eravamo in 10. Abbiamo pareggiato la partita e il mister mi chiama 'Devi entrare e giocare gli ultimi 15 minuti'. Fanno un cross, arrivo in area da solo, perché ci stavamo difendendo tutti, faccio il 2-1 ed entriamo direttamente ai Playoff. Quello è stato il mio esordio, i 15 minuti sicuramente più importanti della mia carriera".

Un altro momento cruciale è rappresentato dal derby del 18 novembre 2012 contro il Genoa: "Siamo arrivati a quella partita con tutti gli attaccanti infortunati. C'ero solo io. In settimana il mister non sapeva chi mettere. Arriviamo alla domenica e mi dice 'Devi giocare'. 'Va bene', dico io, 'Sono qui per giocare'. E quel derby credo sia stata la miglior partita da quando gioco a calcio. È stata pazzesca, abbiamo vinto, ho segnato il 3-1, ho creato il primo e il secondo gol. Ho corso non so quanto tutta la partita, ricordo che alla fine avevo i crampi fino ai capelli. È stata la mia svolta in Serie A, perché fino a quel momento avevo giocato poco". 

Tra i bersagli preferiti del centravanti argentino c'è anche la Juventus: "Quella vinta allo Stadium 2-1 a gennaio è stata un'altra partita incredibile. Primo tempo rigore per la Juventus e 1-0, poi siamo rimasti in 10. Nel secondo tempo mi capitano questi due palloni e faccio due gol. Abbiamo vinto, in inferiorità numerica e da lì è diventato famoso il mio nome". La tradizione prosegue in nerazzurro: "Quando è arrivata la Juventus a San Siro c'era lo stadio pieno, era la prima volta che vedevo San Siro con 80 mila persone. Vado in panchina, entro e dopo due minuti faccio gol. Mentre esultavo in campo con la gente, sentivo il campo tremare, sentivo la gioia di tutti i tifosi". 

"La stagione successiva ho fatto 22 gol in Serie A più 5 in Europa League ma non è stato un grande anno per la squadra. Siamo arrivati in Europa League ma avevamo altre sensazioni e saremmo voluto arrivare molto più in alto. Personalmente però ero molto soddisfatto per quello che avevo fatto, quasi 30 gol in un anno". Poi arriva anche la responsabilità della fascia da capitano: "Prendere una fascia e farlo in una squadra come l'Inter, dopo che è stata indossata da un connazionale come Zanetti, è un grande onore per me. Il capitano per me non è solamente chi indossa la fascia. È la testa di un gruppo, di una squadra di 20/25 giocatori. Posso dire di essere una persona molto seria, molto professionista e faccio tutto quello che si può fare per fare bene". 

In chiusura un messaggio per tutti i bambini che amano il calcio: "Secondo me la cosa più importante all'inizio è riuscire a divertirsi. A me non è mai stata messa pressione, ho cominciato per divertimento e poi quando sei più grande se hai delle qualità ti rendi conto che puoi fare del calcio un lavoro".


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