Parma - Inter 1 - 2, match review



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29 giu 2020

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Analisi tattica e statistica della vittoria nerazzurra al "Tardini"


Rovesciare, rimanendo a testa in su: alta, che svetta. Anzi, teste. Quella di de Vrij, quella di Bastoni. Difensori, pilastri, torri in avanscoperta. Match sofferto, quasi perso, raddrizzato, infine vinto. Difficile da interpretare, la sfida del Tardini: si sapeva sarebbe stata ostica, si è rivelata tale. Ma al di là della sensazione di fondo di una partita che stava sfuggendo di mano senza aver saputo trovare le contromisure adeguate, ecco che torna, stavolta a nostro favore, l'insegnamento del pari con il Sassuolo: non è finita finché non è finita.

Il 4-3-3 di D'Aversa è come una fisarmonica: si accartoccia su se stesso andando a formare una diga di sette uomini davanti a Sepe e si distende, arioso, con i tre alfieri là davanti. Cornelius a creare varchi e a buttarsi negli spazi all'interno dell'area di rigore, Gervinho e Kulusevski pronti a sgasare ad ogni ripartenza, cavalli veloci e affamati, con galoppate difficili da prevedere e contenere. Quali armi utilizzare, come ferire questo Parma e impedire alle sue frecce di fendere il campo? Non semplice trovare una risposta.

Sembrava una sconfitta grigia, ma già prima dei due gol di testa che ci hanno regalato i tre punti ecco che ci sono i numeri e il tabellino a dirci che no, non tutto era sbagliato. Pochi e semplici freddi numeri: non raccontano il match, ma sono uno specchio fedele di quanto, pur non essendo stata un'Inter brillante, la squadra di Conte abbia avuto il pallino in mano a lungo. 66% di possesso palla, 24 tiri a 10, dei quali 7 nello specchio contro i 2 (con un gol) dei padroni di casa. Un'Inter che è arrivata nell'area del Parma con frequenza altissima, calciando 15 volte negli ultimi 16 metri. D'altronde la produzione offensiva del Parma, sebbene molto pericolosa, è stata lasciata in toto nei piedi dei tre attaccanti: delle conclusioni dei padroni di casa, una sola è arrivata da Kucka, tutte le altre sono passate per Gervinho, Kulusevski e Cornelius.

L'Inter, anche grazie ai cambi, ha mandato al tiro ben 11 calciatori differenti, con Lautaro il più attivo e coinvolto fin dai primi minuti. Un Toro irrequieto e voglioso, con 7 conclusioni e quella spizzata propiziatoria per de Vrij. La manovra dell'Inter ha avuto il solito contributo importante degli uomini di fascia, con la corsia di destra molto battuta ma che ha visto, ancora una volta, Cristiano Biraghi grande protagonista per la quantità di palloni serviti: 11 cross, un apporto molto prezioso.

Anche se l'uomo che ha letteralmente trascinato l'Inter per tutto il match è stato Nicolò Barella. Partita a tutto campo, con 11,7 chilometri percorsi, ma soprattutto una presenza fissa in ogni azione, offensiva o difensiva. Il nostro numero 23 ha giocato ben 81 palloni, 64 dei quali nella metà campo avversaria. Un'indicazione sulla volitività del suo calcio, condita dai 9 possessi guadagnati.

Poi certo, la partita ha avuto un interruttore preciso che ha saputo innescare gli ultimi assalti: Alexis Sanchez è entrato con una vivacità e incisività determinanti. Ha giocato 19 palloni, ha calciato in porta impegnando Sepe, ha dato brio e qualità quando la spinta sembrava esaurirsi. Con lui hanno contribuito tutti i giocatori subentrati, come Moses, autore dell'assist partita, di sinistro.

Ma il match lo hanno deciso due difensori: de Vrij, in coda ad un match più complicato del solito. E Bastoni: l'Inter in questa stagione ha trovato due volte il gol con un giocatore subentrato, in entrambi i casi con due colpi di testa del numero 95. Che è entrato con grande personalità, contribuendo da subito allo sviluppo della manovra offensiva, fino a trovarsi a spingere in rete il pallone della vittoria. Un colpo di testa da tre punti.


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