Ferri: "Ho baciato solo una maglia, quella dell'Inter"



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28 mar 2016
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L'ex difensore nerazzurro è il protagonista della seconda puntata di Memorabilia, in onda su Inter Channel: "Stravincere lo Scudetto dei Record, una soddisfazione enorme"


MILANO - Ospite di Alessandro Villa nella seconda puntata di Memorabilia, in onda su Inter Channel, è Riccardo Ferri: tredici stagioni in nerazzurro condite da 418 presenze e 8 reti, lo Scudetto dei Record, una Supercoppa italiana e due Coppe UEFA.

L'ex difensore nato a Crema il 20 agosto 1963 inizia nel Settore Giovanile nerazzurro con Beppe Bergomi: "Vedevo più lui dei miei parenti. Con Beppe abbiamo un trascorso lunghissimo, dai primi provini a Rogoredo quando credevo fosse l'autista del pullman, con quei baffoni!"

Dopo anni di "fame", arriva lo Scudetto dei Record: "L'anno in cui noi abbiamo fatto l'impresa dei 58 punti, avevamo 11 titolari e poi dei ragazzi che facevano un po' da cornice. Hanno dato un grosso contributo alla riuscita di quell'impresa ma rispetto al Milan che aveva giocatori di livello noi avevamo qualche ragazzo della Primavera o giovane e che si doveva ancora affermare. Quella è stata un'impresa memorabile, perché scontrarsi contro quel Milan e quella Juventus e riuscire a stravincere il campionato è stata una soddisfazione conquistata sul campo minuto dopo minuto".

"Qualitativamente in quel periodo ogni squadra aveva qualche elemento di grande spicco e di grandi qualità internazionale. È stata una grande soddisfazione vincere quel campionato, abbiamo poi fatto bene anche fino al 1991 quando vincemmo la prima Coppa UEFA".

A Italia '90, nel tabellino della finale compaiono due giocatori nerazzurri, Lothar Matthäus e Andy Brehme: "Lothar è il giocatore che riusciva a cambiare i ritmi e la fisionomia di una gara. Era il leader, in allenamento come in partita. Tanti all'inizio sottovalutavano Brehme ma noi in allenamento lo avevamo visto subito che era un giocatore atipico, capace di usare i due piedi indistintamente, e poi aveva grande visione di gioco e capacità tecniche impressionanti".

La stagione '93/'94 è una delle più pazze della storia nerazzurra. Tredicesimo posto in campionato, un punto sopra il Piacenza retrocesso, ma seconda Coppa UEFA conquistata nella doppia sfida contro il Salisburgo: "La squadra non aveva grande consapevolezza dei propri mezzi, eravamo partiti per lottare per l'Europa e ci siamo ritrovati a doverci salvare, c'era la difficoltà di dover cambiare atteggiamento. Alla fine abbiamo colto un risultato incredibile con Giampiero Marini che ha costruito un gruppo coeso per raggiungere l'obiettivo. Bergkamp lì fu decisivo, come Jonk e Zenga. Con Walter abbiamo salutato insieme San Siro con quella vittoria. Io sono un emotivo, ho pianto in quei momenti"

Immancabile la domanda 'spinosa' su una celebre strofa cantata da Luciano Ligabue: "Beh, poteva anche chiedermelo in maniera delicata, essendo anche interista... Detto questo, non sono il detentore perché anche Baresi e Niccolai ne hanno 8 come me. Comunque ho vissuto i miei successi e i miei insuccessi e mi sono sempre preso le mie responsabilità. Poi magari con i criteri di oggi non sarebbero poi così tanti!".

Tra i tantissimi campioni affrontati in carriera, chi è stato il più difficile da marcare? "Ho affrontato tanti campioni, Maradona, Van Basten... tanti però dimenticano Careca. Era un giocatore immarcabile, sapeva giocare di prima, era intelligente tatticamente e poi aveva compagni come Maradona e Giordano. A volte passavano mezz'ore senza riuscire ad anticiparlo una volta. Poi chiaramente ci sono i vari Maradona, che una volta ha giocato per 20 minuti con le scarpe slacciate, quasi un affronto per noi, o Van Basten che aveva l'appoggio di un tipo di gioco in cui era difficile rubare palla. Marcare Van Basten ma avere il possesso della palla è una cosa, ma dover marcare Van Basten e pensare che gli avversari hanno per l'80% il possesso di palla è un'altra storia".

418 presenze e 8 gol, anche su punizione: "Qualche volta prendevo anche qualche piccione. Nel Settore Giovanile facevo spesso gol, poi ho avuto un problema al tendine rotule della gamba di appoggio. Ho segnato nell'Inter e in Nazionale e la cosa mi fa molto piacere. Soprattutto mi fa piacere ricordare un gol con la maglia azzurra a Taranto contro l'Ungheria e che mi fa venire ancora la pelle d'oca. Ho pensato ad un ragazzo che non c'era più, Giovanni Turconi, il nostro preparatore atletico. Ho pensato a lui e ho pensato di dedicargli un gol: calcio d'angolo, Giannini calcia e sul rimpallo il pallone viene verso di me. Io calcio di prima e faccio gol nel sette. Mentre correvo pensavo a questo ragazzo. Ho chiamato i suoi genitori subito dopo la partita, ho pensato che certe volte accade qualcosa che ti fa superare i limiti"

Ferri passa poi alla Sampdoria, dopo una vita all'Inter: "Io non sarei mai andato al Milan per nessuna cifra, e neanche alla Juventus. Noi vivevamo ancora con appiccicati addosso i colori, non solo la maglia, ma proprio i colori con cui vivi. Già dal settore giovanile ho iniziato a scontrarmi nei tornei con Juventus, Torino, Napoli e ho finito la carriera scontrandomi ancora con loro e mettendo sempre la stessa maglia. Ho avuto questa parentesi nella Sampdoria che è stata bellissima, in una città che ho amato e con una tifoseria che ho amato, una maglia che ho rispettato ma non l'ho mai baciata. Io ho baciato la maglia dell'Inter. Punto".


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