Mazzola, di padre in figlio



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25 ott 2016
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In collaborazione con MondoFutbol.com il ritratto di Valentino e Alessandro: dall'anima granata alla Grande Inter


MILANO - Una maglia bianca, quella del Real Madrid. E una frase da pelle d'oca. "Ragazzo, ho giocato contro tuo padre e tu sei degno di lui: tieni la camiseta". Con queste parole Ferenc Puskas, uno dei giocatori più forti della storia del calcio consegnò la "sua" numero 10 a Alessandro Mazzola, per tutti Sandro, il 21enne attaccante dell'Inter che aveva appena segnato una doppietta decisiva nella finale di Coppa dei Campioni 1963-1964 vinta 3-1 dai nerazzurri contro gli spagnoli al Prater di Vienna.

Diciassette anni prima, l'11 maggio 1947, al Comunale di Torino, Puskas aveva giocato (e perso) contro un altro Mazzola, Valentino, il papà di Sandro. Quel giorno Ferenc e la sua Ungheria erano stati battuti 3-2 dalla Nazionale italiana che schierava 10 giocatori su 11 provenienti dal Torino, la squadra di cui Valentino, nato a Cassano d'Adda ed ex operaio all'Alfa Romeo di Milano, era capitano e cannoniere, ma soprattutto anima.

Una formazione, il Toro, che dominava la Serie A dal 1943 e che giocava le sue partite allo stadio Filadelfia, a poche centinaia di metri dal Comunale. In quell'impianto, inaugurato nel 1926, il piccolo Sandro andava spesso. Era la mascotte della squadra, aveva un armadietto come quello di papà e Valentino, che lo guardava con amore provare a calciare contro il portiere e compagno Bacigalupo, lo accompagnava in campo la domenica. Questa favola finisce all'improvviso e in maniera tragica in un altro maggio, quello del 1949, con lo schianto di Superga. Sandro va ad abitare con sua madre, con cui già vive il fratellino Ferruccio, prima a Cassano d'Adda, poi a Milano, a Porta Ticinese. La sua passione per il calcio non si cancella, grazie alle lunghe partite all'oratorio San Lorenzo, lì lo nota un uomo tanto indiavolato in campo quanto generoso fuori, Benito Lorenzi, per tutti "Veleno", un pezzo della storia dell'Inter.

Lorenzi aveva esordito in Nazionale grazie a un parola buona spesa da Mazzola senior. Una parola che non si dimentica, quando si è uomini. "Veleno" si interessa ai ragazzi di Valentino e porta spesso Sandro e Ferruccio a San Siro: diventano le mascotte che accompagnano l'Inter che per due volte si laurea campione d'Italia. Sandro Mazzola indossa poi davvero la maglia nerazzurra, a 14 anni, dopo un provino al campo di Via Sarfatti sotto gli occhi di Giovanni Ferrari, campione del mondo nel 1934 e nel 1938 con l'Italia. Il figlio di Valentino incrocia subito un'altra leggenda della storia nerazzurra, una delle stelle più brillanti della sua gloriosa storia, Giuseppe Meazza, al quale è giustamente dedicato lo stadio più bello del mondo. Meazza è l'uomo che forse più di tutti formò il giovane Sandro, sotto il profilo calcistico e umano. Fu "Peppìn" che lo rimproverò duramente per aver trattato male un compagno e che lo rincuorò il primo giorno che Mazzola tornò al Filadelfia con la maglia dell'Inter contro il Torino per una partita delle giovanili. Il magazziniere Gildo Zoso, che l'aveva visto bambino, gli aveva fatto vedere il suo armadietto nello spogliatoio e lui, ancora emozionato, giocò malissimo. "Ho capito tutto Sandro, lassa stà" gli disse Meazza.

La figura di Valentino, dell'uomo simbolo del Grande Torino, poteva essere un ostacolo davvero complesso da superare per lo sviluppo della sua carriera. I paragoni col papà, che accendeva il "quarto d'ora granata" rivoltandosi le maniche, sono inevitabili, anche dal punto di vista fisico. Ma Valentino si era fatto quelle cosce andando avanti e indietro al Portello per lavorare all'Alfa, da giovane, Sandro è più minuto. Resiste alle lusinghe del basket (lo voleva l'Olimpia Milano) e la sua occasione arriva: siamo nel giugno 1961, Mazzola junior ha 18 anni e mezzo. Per protestare contro la decisione della FIGC che prima leva e poi riassegna i punti alla Juventus, l'Inter manda in campo la Primavera contro i bianconeri di Charles, Sivori e Boniperti. Quest'ultimo, alla sua ultima partita in carriera si rivolge a Sandro. "Ho giocato in Nazionale con tuo padre. Il più grande che abbia mai visto..." . L'Inter perde 9-1, ma Mazzola segna l'unico gol.

Il suo "vero" esordio sarà nell'ottobre successivo con il Palermo. Herrera che all'inizio era scettico, sempre per via del suo fisico, lo lancia. "Tu, d'ora in poi, sei un jugador dell'Internazionale e io farò de te una grande punta" dice. E avrà ragione. Il resto è storia. Dell'Inter e del calcio italiano. Con 417 partite, 116 gol, 4 campionati, due Coppe dei Campioni, due Intercontinentali, più un Europeo con l'Italia.  Il 'figlio di Valentino' è diventato un grande.

Roberto Brambilla


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